Marchi e Case Motociclistiche di Lombardia

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Aermacchi

Aermacchi, radici ottocentesche, si interessa alle moto con la ricostruzione del secondo dopoguerra. Alla metà dell’Ottocento i fratelli Agostino e Giovanni Macchi fondano a Varese una fabbrica di carrozze. La capacità dei due fratelli di rinnovarsi li porta ad evolversi in continuazione, sempre rimanendo nel settore dei trasporti, fino al 1913 quando la Macchi si unisce in società con la francese Nieuport specializzata in costruzioni aeronautiche.
Nell’immediato secondo dopoguerra la direzione dell’Aeronautica Macchi decide, nel piano di riconversione civile, di interessarsi di motociclette. Inizia così alla Schiranna, sul Lago di Varse dove già esistevano gli hangar per uso aeronautico, la produzione motociclistica Aermacchi.
Nel 1945 viene presentato il motocarro MB1 soprannominato Macchitre.
Nel 1950 l’ Aermacchi fa il suo ingresso nel mondo delle due ruote con l’Aermacchi 125 scooter progettato da Lino Tonti.
Nel 1952 entra in produzione la bicilindrica Monsone sempre progettata da Lino Tonti e poi la nuova versione dello scooter 125 e il Ghibli, progettati dall’ ing. Ermanno Bazzocchi.
Si arriva poi alla splendida monocilindrica orizzontale a quattro tempi progettata da Alfredo Bianchi col suo collaboratore Francesco Botta.
La crisi che colpisce il settore alla fine degli anni Cinquanta costringe l’Aermacchi a battere nuove strade.
Per questo, nel 1960, la gloriosa Casa varesina inizia un proficuo rapporto di collaborazione con l’americana Harley-Davidson, che era alla ricerca di un partner europeo in grado di coprirle la fascia delle piccole e medie cilindrate.
Per l’Harley-Davidson, la fabbrica italiana produce tutti i modelli di piccola e media cilindrata, mentre negli Stati Uniti, a Milwaukee, continuano ad essere costruite le tradizionali bicilindriche a V di grossa cilindrata. La collaborazione è proficua e, verso il 1965, il complesso della Schiranna arriva a impiegare seicento dipendenti.
Nel 1973 l’Aermacchi viene definitivamente incorporata dalla Harley-Davidson e le moto commercializzate esclusivamente con il marchio AMF Harley-Davidson.
Sotto la nuova gestione i motori a quattro tempi vengono gradatamente rimpiazzati da una ricca gamma di due tempi; inoltre, la moda yankee porta a una vera e propria rivoluzione estetica con modelli misti strada-scrambler, che hanno successo anche sul mercato italiano.
La nuova era “duetempistica” trova un naturale sviluppo in campo sportivo.
Sulla scorta dei successi ottenuti nel 1969 e nel 1970 con la 125 Aletta, viene messa in cantiere una 250 bicilindrica a due tempi, che, prima pilotata da Renzo Pasolini e poi da Walter Villa, conquista quattro titoli mondiali, dal 1974 al 1976, nelle classi 250 e 350.
Nel maggio del 1978, la AMF Harley-Davidson decide di cedere gli stabilimenti di Varese e, nell’ottobre di quello stesso anno, subentra la Cagiva a reggere le redini del complesso.

Ardea

Le moto Ardea nascono nei tardi anni Venti del secolo scorso in un’area del varesotto nota ancora oggi per l’industria meccanica. All’inizio di quel decennio la Officine Meccaniche  S.A.F.I.U. (Società Anonima Fabbrica Italiana Utensili), con sede a Cavaria, produce, per conto della Fiat, utensili e parti automobilistiche. L’azienda ha un centinaio di dipendenti e vanta un’attrezzatura tecnica notevole per l’epoca, con reparti di torneria, presse e fonderia.
Nel 1927, risentendo della crisi generale di quel periodo, per diversificare la produzione, inizia la costruzione di motociclette.
Dapprima presenta un modello con motore da 175 cc che però viene commercializzato prima nella cilindrata di 250 cc. I due motori sono simili, monocilindrici orizzontali a valvole in testa, cambio in blocco. La camera di scoppio della testata pare fosse stata studiata e progettata dall’ing. Giulio Cesare Cappa. Interessante, per l’epoca, l’adozione della forcella telescopica. La produzione continua fino al 1931 e probabilmente è stata di circa trecento esemplari; altre fonti sostengono solo quarantacinque esemplari visto che ne risultano immatricolate quarantadue unità.
Lo stabilimento, fino ai primi anni Duemila, era ancora visibile percorrendo l’autostrada MI-VA, direzione Varese, all’uscita Cavaria, ed è lo stesso che ospitò anche la Isotta Fraschini.
Le moto Ardea vennero portate in gara da Silvio Vailati, Bruno Martelli e Virginio Fieschi. Vailati, oltre che bravo pilota, si dimostra anche buon venditore e nel suo negozio in via Elvezia a Milano propone le inglesi Sunbeam, di cui è importatore, e le Ardea di cui è concessionario. Proprio con una Ardea partecipa ad un’edizione della Rosa d’Inverno. Fieschi invece, dopo l’attività agonistica, diventa costruttore di motori e moto complete Astoria, con sede e fabbrica a Milano prima in via Coni Zugna e poi in via Astesani.
Tornando alla Ardea, nel 1931 la S.A.F.I.U. fallisce e tutto il magazzino, con motori, telai, accessori e anche stampi, vengono rilevati da Silvio Crespi che porta tutto nella sua officina a Samarate. Silvio Crespi ha lavorato come caporeparto motorista alla Caproni di Vizzola Ticino e vede nell’acquisto del materiale del fallimento S.A.F.I.U. la possibilità di mettersi in proprio. Si dice che acquistò tutto per 100.000 lire, cifra all’epoca abbastanza consistente.
Così la costruzione di moto Ardea riprende a Samarate dove ne verranno prodotte tra i 10 ed i 15 esemplari poi, nel 1934, la produzione si ferma e Crespi emigra in Africa in cerca di fortuna. Rientrato in Italia continua, anche grazie al figlio, a fornire ricambi ai possessori di moto Ardea fino al 1948, anno della sua morte. Il marchio sul serbatoio della moto varesina è formato dal nome Ardea, in rosso, che sovrasta un elegante ed affusolato volatile, appunto un’ardea in volo e da questo il motto della S.A.F.I.U. “Volat Super Altam Ardea Nubem”. Nella decima edizione del Circuito del Lario, 6 luglio 1930, è iscritta una Ardea nella classe 250 con pilota da designare, non si sa se prese il via.

Aspes

Aspes nasce a Gallarate nel 1955 come fabbrica di biciclette. Il marchio Aspes deriva da Aspesi, cognome della moglie di Teodosio, uno dei fratelli Sorrentino, proprietari dell’azienda che nel 1969 presentano la Cross Special 50 mossa da motore Minarelli.
Dopo poco si passa alla costruzione delle 125 impiegando motori Maico, Minarelli e Sachs ed infine propri motori ASCO (ASpesi e COnsiglio) costruiti a Travacò Siccomario in provincia di Pavia grazie alle capacità di Vito Consiglio che negli anni Sessanta aveva costruito motori da kart a due tempi con valvola rotante a marchio Komet. Motori che conquistarono allori nelle gare iridite, nei campionati europei e nei campionati italiano, francese, britannico, svedese e addirittura in Sud Africa.
E’ in questo contesto che viene progettato e prodotto il motore per l’Aspes Yuma. Le principali attenzioni della Aspes sono rivoltre al cross e nel 1971 vince il campionato lombardo con Felice Agostini (fratello di Giacomo Agostini). Corrono per Aspes anche Alborghetti e Vertemati. Con Corrado Maddii la Aspes vince il campionato italiano nel 1976.
Per la produzione di serie nel 1972 al Salone di Milano viene presentata la moto da regolarità chiamata Hopi e la Navaho 50 con propulsore Minarelli. Nel 1976 la Aspes inizia la produzione di modelli da strada mettendo in vendita il velocissimo modello Yuma 125. Nel 1977 viene realizzato un prototipo di 250 cc che però non viene messo in vendita. Nello stesso anno è in listino il ciclomotore Sioux monomarcia automatico.
Nel 1978 la gestione dell’azienda passa a Pier Mario, figlio di Teodosio. Nel 1982 la Aspes viene assorbita dalla Unimoto che ha sede a Longiano in provincia di Forlì e dove la produzione continua fino al 1984.

Bertoni [2]

La monocilindrica Bertoni motorizzata FBM è un prodotto varesino. La storia. Costante Bertoni, classe 1909, lavora nelle Officine Dansi. Nel 1926 apre a Varese un negozio dove vende moto Gilera. Il figlio Franco lavora col padre e si cimenta nelle gare di velocità; si rivela un buon pilota, vince con una Benelli 250 la sua prima corsa a Carate Brianza. Continua con altre vittorie e la cosa non sfugge ai vertici MV Agusta che lo ingaggiano per le corse. La scelta è azzeccata, Franco vince il campionato italiano 1950 portando alla Casa di Cascina Costa il suo primo titolo.
Dopo aver disputato oltre 200 gare e ottenuto una cinquantina di vittorie, nel 1954 Franco Bertoni decide di ritirarsi dalla corse per gestire, insieme al padre Costante, la concessionaria moto.
Decide anche di costruire una sua moto, equipaggiata con motore monocilindrico due tempi FBM di 158,2 cc, potenza 7 CV a 5.200 giri, velocità massima 95 km/h.
Vengono costruiti 201 esemplari, la maggior parte venduti dai Bertoni nel negozio in centro a Varese, una cinquantina di unità da un abile concessionario di Olgiate Comasco. Come per tutti i piccoli costruttori il mercato di vendita è ristretto alla provincia o poco più in là.
La produzione termina nel 1955.

Colombo

Nella sua officina di Abbiate Guazzone, Ercole Colombo, nato a Gerenzano nel 1908, insiene ad un paio di collaboratori, realizza, nel 1950 un motore di 250 cc con distribuzione a valvola rotante. Questo sistema di distribuzione viene anche applicato ad un motore Ariel 250.
Il sistema di distribuzione viene brevettato e la moto cosi’ equipaggiata partecipa ad alcune gare raggiungendo una punta velocistica di 148 km/h. Il sistema suscita l’interesse di molti e Colombo ha diversi contatti anche con tecnici tedeschi della Porsche. Purtroppo non se ne fa nulla e l’avventura di Ercole Colombo finisce quando trova la morte collaudando una sua moto.
La moto Colombo è esposta al Museo Frera della Motocicletta di Tradate.

F.B.

Marca e marchio F.B. sono l’acronimo di Ferrarini e Bagnoli che, a Gavirate, in provincia di Varese, costruiscono la loro moto. Siamo nel 1970: la F.B. 125 una moto da fuoristrada spinta da motore dell’Aletta 125.

Frera

Le Frera della S.A.F. di Corrado Frera sono le maggiori moto italiane del Novecento, quelle della prima guerra.
La storia di questo personaggio va raccontata fin dall’inizio. Corrado Frera nasce il 23 marzo 1859 a Kreuznach, nella Prussia renana, e per queste sue origini veniva chiamato, non sempre affettuosamente, “il tedesco”.
La sua famiglia di discendenza francese si e’ rifugiata in Prussia dopo la strage degli Ugonotti nella notte di S. Bartolomeo.
Corrado si trasferisce in Italia nella prima meta’ degli anni Ottanta (1880) e ottiene la cittadinanza. Nel negozio nel centro di Milano vende dapprima giocattoli ed articoli da regalo poi passa a commerciare accessori di gomma per velocipedi finchè, nel 1897, assume la rappresentanza della NSU per le biciclette e della Zürcher & Lüthi di St. Aubin per i motori.
Si sposa con Italia Sartori, figlia di Carlo e Cristina Lederhasf, ed ha i figli Leonardo, Sofia, Giovanna e Corradino.
Le prime esperienze come costruttore di motociclette sembrano risalire al 1898 quando assembla motociclette su richiesta di alcuni clienti.
Nel 1902 vende motociclette montando su ciclistiche Neckarsülmer Pfeil, opportunamente rinforzate, motori Zürcher & Lüthi di 1,25 HP, 1,5 HP e 1,75 HP con valvola di aspirazione automatica.
Nel 1903 inizia la commercializzazione di motociclette Zedel costruite con i motori Zürcher & Lüthi.
Il 7 novembre 1905 fonda la S.A.F. (Società Anonima Frera) che ha sede sociale a Milano e stabilimento a Tradate, dove vengono inizialmente impiegati 300 operai. La S.A.F. ha filiali a Torino, Padova, Parma, Firenze, Bologna, Mantova, Roma, Como.
Nel 1906 inizia la produzione di proprie motociclette col marchio SAF e di Frera-Zedel impiegando il motore svizzero. Nel 1907 presenta la bicicletta a motore, con motore NSU 1,25 HP.
Nello stesso anno Frera espone al Salone dell’auto di Torino, oltre alle moto SAF, anche due vetturette motorizzate Zedel.
Nel 1910 la produzione e’ di 1.200 motociclette all’anno ma cresce fino ad arrivare a 3.000 unità prodotte nel 1915 che fanno della Frera la più importante fabbrica motociclistica italiana.
Durante la guerra dallo stabilimento di Tradate escono migliaia di motociclette e biciclette per l’esercito.
Le forniture militari erano iniziate nel 1908, principalmente per il corpo dei bersaglieri e dell’artiglieria e per le autorita’ militari di sanita’ per le quali vengono realizzate moto con carrello per il trasporto di feriti.
Nel 1911 Mario Acerboni vince la categoria della terzo di litro per il campionato italiano.
L’aumento continuo della produzione porta la Frera a realizzare un secondo stabilimento nel 1919, situato vicino alla stazione ferroviaria di Tradate e denominato Frera 2, dove si procede a montaggio e stoccaggio dei prodotti finiti.
Nel dopoguerra la Frera occupa oltre 600 dipendenti con una produzione annuale di 2400-3500 moto (200-300 al mese) sino ad arrivare ad una punta massima di 6000 moto.
Ai vertici dell’impresa stanno Leonardo Frera, figlio di Corrado, che ha la direzione tecnica generale; Emilio Conta, genero di Corrado che ne ha sposato la figlia Sofia, dirige lo stabilimento Frera 1; l’ing. Vischer (marito di Giovanna Frera sorella di Corrado Frera) ha la direzione dell’officina; Corradino Frera si occupa dei reparti collaudo e montaggio.
Il tutto sotto la supervisione di Corrado Frera.
Nel 1922 sono occupati 200 dipendenti e la produzione dichiarata è di 3000 moto sciolte e con sidecar; in altra occasione viene dichiarata una produzione di 200 moto al mese e oltre 10.000 biciclette.
Nel 1923 viene data un’impostazione diversa alla produzione con un minor numero di modelli e una maggiore standardizzazione delle componenti meccaniche. Il progetto e’ rivolto a contenere i costi per permettere una maggior diffusione dei motocicli.
Nel 1925 l’organico e’ di 500 dipendenti e la produzione di 2500 moto all’anno. Nel 1927 la produzione e’ di oltre 5000 motocicli e nel 1928, dopo oltre un ventennio di produzione, viene dichiarata, forse ottimisticamente, la costruzione totale, sino ad allora, di 50.000 moto.
Nel 1929 la crisi economica mondiale porta gravi ripercussioni sul mercato motociclistico tali da consigliare Corrado Frera ad iniziare una riconversione industriale.
Si pensa di produrre un trattore leggero, ma la cosa non va in porto. Viene stipulato un accordo con la Cemsa per la fornitura di 300 motori che dovrebbero equipaggiare delle macchine agricole, ma la fornitura si ferma a 50 esemplari.
Inoltre vengono a mancare le forniture militari e una richiesta, da parte della Milizia Stradale, di 400 moto da ripartire tra le fabbriche Frera, Bianchi e Guzzi, non ha seguito.
Sfiduciato e trovandosi in disaccordo con i propri collaboratori, Corrado Frera si ritira dall’azienda. La presidenza viene assunta da Emilio Fossio, con Emilio Santini alla direzione commerciale e Leonardo Frera come direttore tecnico, ma gia’ l’anno seguente anche Leonardo lascia l’azienda e produce moto proprie col marchio Leonardo Frera.
Da questo momento la crisi si aggravera’ sempre di piu’ e la Frera chiude i battenti nel febbraio del 1933. Nel dicembre 1934 la Frera viene rilevata da un gruppo di industriali, ing. Paolo Soprani, ing. Sergio Soprani, ing. Maffoni, ing. Umberto Bassani e Andrea Lorenzi.
La nuova gestione decide di abbandonare la costruzione di biciclette e concentrare tutto sulle motociclette ed esattamente sui modelli 175, 250 e 500 tutti a valvole laterali. Nel 1935 il tecnico Giuseppe Meroso progetta delle nuove 250 e 500 a valvole in testa con comando a camma rialzata e cambio in blocco a 4 marce. Ma ormai è tardi: nel 1936 la Frera chiude definitivamente, e questi progetti verranno ripresi e prodotti dalla Imperia di Torino. Corrado Frera muore a Milano il 20 marzo del 1941.
Col marchio Frera vengono oggi costruite biciclette a Padova.

Frisoni

La ditta Frisoni inizia la produzione di fanali elettrici per bicicletta nel 1929 a Cedrate di Gallarate. Le moto arriveranno dopo la Seconda Guerra.
Anima dell’azienda e’ Luigi Frisoni, nativo di Rimini, che e’ stato impiegato all’Agusta e poi all’Aeronautica Macchi. L’officina si specializza nella costruzione di serbatoi, forcelle, cerchioni e, nel 1945, ha quasi duecento dipendenti.
Nel 1950 nasce la prima motoleggera con motore Villiers 98 che non ottiene successo.
E’ Ferruccio Frisoni, contitolare dell’azienda col padre Luigi, che orienta la produzione sullo scooter presentato nel 1952 al Salone di Milano col nome Superba; la motorizzazione è dapprima NSU 125 e poi Astoria 150-160.
Vengono anche costruita una moto, motore Villiers, di 200 cc e altri prototipi mai arrivati alla produzione.
Nel 1960 termina la produzione motociclistica ma l’azienda continua l’attività con la costruzione di elettrodomestici ed altro fino al 1970.

Galbaj

Le Officine Meccaniche Galbai  di Tradate iniziano la produzione motociclistica nel 1920. Giuseppe Galbai adottera’ per le sue moto il marchio Galbaj. Il primo modello dispone di un motore monocilindrico a due tempi di 276 cc, alesaggio 70 mm e corsa 72 mm, portato quasi subito a 301 cc, alesaggio 71 mm per corsa 76 mm, e nel 1924 a 350 cc.
Il motore era a due tempi con testa e cilindro in ghisa, pistone in lega leggera con deflettore, distribuzione a tre luci, lubrificazione a miscela al 7%.
Il carburatore poteva essere Amac oppure B.B., accensione a magnete ruotante a meta’ velocita’ del motore con anello-ruttore a due camme, in modo da avere due scintille per giro.
Sempre a richiesta si poteva avere un gruppo magnete-dinamo Bosch, per alimentare l’impianto di illuminazione.
La trasmissione era a catena con frizione a secco a blocchetti di sughero. Messa in moto a pedale, cambio a due marce con leva a mano sulla destra.
Telaio monoculla chiuso in tubi, con forcella a parallelogramma e molle laterali elicoidali. Ruote con gomme a tallone e mozzi a smontaggio rapido, un solo freno a tamburo posteriore.
La Galbai passo’ poi a costruire modelli con motori MAG bicilindrici a V di 500 cc e anche con motore inglese Bradshaw 350 cc raffreddato a olio.
La marca varesina e’ scomparsa verso il 1930 dopo aver prodotto una settantina di moto o secondo altra fonte una cinquantina. Oggi si conosce l’esistenza di tre moto Galbai.
La marca varesina vanta un discreto passato sportivo, ricordiamo infatti che Giuseppe Galbai si iscrive con una sua moto alla prima edizione del circuito del Lario il 29 maggio 1921, classe 350 numero di corsa 3.
Alla seconda edizione, 2 luglio 1922, e’ iscritta sempre nella classe 350 una Galbai col pilota Antonio Gaffuri. Alla terza edizione del Lario la Galbai schiera Olindo Amici che arriva sesto nella categoria 350.
Sempre con Olindo Amici la Galbai si classifica terza nella categoria 350 alla terza edizione del Circuito del Piave, gara di velocità organizzata dal M.C. Treviso.
Nel 1923 alla quarta Varese-Campo dei Fiori cat. 250 Raffaele Piralla si aggiudica il secondo posto e miglior tempo sul giro alla media di 67,820 km/h, preceduto in gara da Alberto Trivellato su Lewis e precedendo Oreste Garanzini su Jap-Garanzini.
Lo stesso Piralla si classifica sesto alla settima edizione della Susa-Moncenisio nella categoria 350 cc.
Una Galbai viene iscritta al Giro d’Italia nel 1923, col numero 3, condotta dal pilota Olinto Amici che guida la Galbai anche al secondo circuito delle Prealpi Varesine, organizzato dalla A.S. Varesina, dove arriva quarto nella classe 350.
Nel 1926 Giuseppe Galbai partecipa alla quinta edizione del Circuito d’Italia e si classifica all’ottavo posto della classifica generale, cavalcando una Galbai con motore Bradshaw tipo sport a due valvole in testa con motore raffreddato a olio.
Ma la passione per le due ruote di Giuseppe Galbai era iniziata con la bicicletta. Si classifica decimo (su 101 partenti) al secondo Giro d’Italia ciclistico del 1910 e 71mo (su 355 partenti) al quinto Giro di Lombardia del 1909.
Alle corse in moto arriva nel 1911 quando partecipa con una NSU alla prova della prima edizione del campionato italiano classe 500, la Sesto S.Giovanni-Lecco-Colico-Sondrio-Passo Aprica-Edolo-Lovere-Bergamo-Crescenzago di 314,600 km. Primo è Carlo Pusterla su Triumph, media 43,510 km/h, secondo Giuseppe Galbai su NSU alla media di 41,135 km/h, terzo Mario Acerboni su Frera, che comunque vince la classe fino a 334 cc.
Giuseppe Galbai invento’, ma non riuscì a brevettare, un aggancio dei pedali da bicicletta senza chiavella.
Nel dopoguerra Giuseppe Galbai si trasferisce con i figli, Antonio e Pinuccia, a Milano dove apre un’officina in corso Garibaldi 95 Qui ripara biciclette e moto, attivita’ che chiude probabilmente agli inizi degli anni ’60 perchè quasi cieco. Muore qualche anno dopo.

Ganna

Luigi Ganna, nato a Induno Olona nel 1883, fu un apprezzato corridore ciclista balzato all’onore della cronaca nel 1908 come recordman dell’ora alla media di 40,405 km/h.
Il successo continua nel 1909 con la vittoria alla prima edizione del Giro Ciclistico d’Italia organizzato dalla Gazzetta dello Sport e alla Milano-Sanremo.
Grazie alla notorietà ottenuta, decide di dare il proprio nome alla fabbrica di biciclette che apre nel 1921 a Varese, in via Belforte.
All’epoca il passaggio dalla biciclette alla motociclette era quasi obbligatorio e anche Luigi Ganna non si sottrae a questa regola.
Sembra che le prime realizzazioni motociclistiche siano del 1914 ma e’ nel 1923 che la Ganna entra con decisione nel mercato motociclistico, quando iscrive una 350, motore Blackburne, al Gran Premio d’Italia.
Le moto prodotte sono equipaggiate con motori inglesi Blackburne e Jap, questi ultimi costruiti su licenza direttamente dalla Ganna.
Negli anni Trenta vengono impiegati i performanti motori Python della Rudge a quattro valvole radiali nelle cilindrate di 250 e 500 cc.
In questi anni viene anche costruita una motocicletta “tutta Ganna” con motore da mezzo litro di cilindrata ad albero a camme in testa comandato da alberello e coppie coniche e cambio a quattro rapporti, progettato dal tecnico Paolo Rossi di Coquio Trevisago.
Purtroppo questa moto ha avuto vita breve ed è stata in listino solo un paio di anni.
Per vedere un’altra moto tutta Ganna si deve aspettare il 1954 con la 175 quattro tempi. Nel dopoguerra la Ganna impiega motori Puch e NSU.
Con la morte di Luigi Ganna, avvenuta nel 1957, la produzione motociclistica diminuisce progressivamente fino a concludersi negli anni Sessanta.

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